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...Sono una bambina capricciosa e sognatrice,
una ragazza complicata e lunatica,
una donna che sta' nascendo e si fa forza per affrontare il peso della vita.


lunedì 23 novembre 2015

I'll face myself.

"...So let mercy come
And wash away
What I’ve done
I'll face myself
To cross out what I’ve become
Erase myself
And let go of what I’ve done
For what I’ve done

I start again
And whatever pain may come
Today this ends
I’m forgiving what I’ve done..." 

Le frasi che ho scritto provengono dalla canzone "What I've done" dei Linkin Park.
Una melodia abbastanza aggressiva che ha sempre rappresentato al meglio i miei momenti di forte insoddisfazione, di collera ma anche di forza di reazione.

Sono arrabbiata dentro... di quella rabbia profonda, lacerante, istintiva. 
Essa mi pervade in tutto il corpo, da capo a piedi.
Avrei bisogno di urlare, di correre forte, di tirare pugni ad un sacco da boxe, che non ho.

Sono arrabbiata della mia sottospecie di vita, quella che io stessa mi sono abilmente creata piano piano.

Odio quello che sono diventata, perchè non avrei mai pensato di ritrovarmi in tali condizioni e mai lo avrei voluto.
Sono delusa di tutta l'apatia che ho addosso, della tristezza che mi logora, della collera che prende il sopravvento e mi mangia piano piano.
Sono stanca di tutte le paure, delle insicurezze, delle camminate veloci tra le vie della città per sentirmi più leggera. 
Sono stanca di avere una malattia, di ripetermelo ogni giorno, di aver bisogno di aiuto, di dover passare il venerdì sera in fila dal dottore per farmi le analisi, di ritornare in ospedale, di ingrassare senza motivo, di mangiare troppo o troppo poco, di guardarmi allo specchio e avere gli occhi lucidi, le mani tremolanti per l'enorme vuoto che vedo riflesso.

E vi dirò di più, sarà paradossale vi avverto, ma quello che vedo è un VUOTO PESANTE.


Ed io sono un vuoto, estremamente pesante.


La pesantezza della mia vita e di come io affronti ogni ostacolo dinanzi a me.

Il vuoto delle cose belle, un cuore che non sa' più cosa significhi amare.


Ogni settimana succede sempre qualcosa di nuovo, e per il 90% si tratta di cose negative.

Ed io tutte queste negatività non le affronto, le ingoio senza digerirle mai.

In sostanza sono un vaso pieno che ogni tanto trabocca.
Ho sempre fatto così: prendo dolore e lo covo con la speranza che sparisca, acquisto paure pregando che scivolino via trasformandosi in coraggio, nascondo rabbia e nervoso sperando che non ritornino più...
Accumulo e poi sfocio come un fiume in piena.

Sbaglio.

...

Al lavoro non va poi così male, faccio ciò che mi viene chiesto,con qualche errore contabile o scavolando i nomi dei clienti che chiamano o arrivano in studio.
Ma tutto sommato procedo in avanti.
La pecca è sempre la pausa troppo lunga che non posso diminuire, dove i pensieri, la solitudine e la frenesia mi stringono verso sè... cammino, come se camminare senza una vera direzione potesse farmi sfuggire da me stessa.

La mia salute è nuovamente in bilico, in modo diverso, ma gli esami del sangue che ho fatto ultimamente non sono ottimi.
Li ho fatti perchè erano mesi che rimandavo, e sopratutto perchè la scorsa settimana mi erano comparsi 5 o 6 lividi sulle cosce (oggi assai diminuiti), indolori, senza alcun precedente trauma.
Ho il ferro bassissimo, così come le piastrine e i globuli bianchi, ai limite dei parametri normali. A questi si aggiungono valori legati alla coagulazione del sangue troppo alti.
Settimana prossima andrò dal medico di condotta per sentire le sue impressioni, ma credo che comincerò di nuovo con visite e/o medicine. Mi mancavano.

In settimana è morta (respirava male e il veterinario ha deciso giustamente, dopo giorni di agonia, di sopprimerla con la puntura) la cagnolina di 16 anni di un vecchio amico di mio nonno, a cui prestavo attenzioni, portandola sempre fuori una ventina di minuti al giorno, le davo da mangiare e la coccolavo un po'. In pratica facevo la "dog sitter", come si suol chiamare oggi.
L'ho salutata con un "ti voglio bene" sussurato all'orecchio e le lacrime in viso.
E' un ennesima mancanza che non meritavo, un ennesimo vuoto dentro che sapevo sarebbe dovuto accadere prima o poi, ma adesso non era proprio il momento.

Ieri mio padre è caduto da una scala di legno, si è spezzata in due a tre metri di altezza mentre raccoglieva dei frutti da un albero. 
Ho passato pomeriggio e tarda sera al pronto soccorso con l'ansia alle stelle e la paura.
Nell'attesa in solitudine (mia mamma era ad assistere i miei nonni perchè la badante aveva giornata di riposo) ho provato tanta vergogna per me stessa, ho pensato a tutti quei momenti sprecati, alle urla, alle brutte parole che io e lui ci siamo rivolti in questi anni, ai kg che lui ha perso e al suo viso affossato per la tristezza che gli ho provocato.
Ho pensato ai bei gesti di affetto che lui mi faceva (e mi fa) senza che io ne dessi davvero importanza, ho riflettuto sul suo strano modo di mostrarmi amore e di quanto io, spesso, non riesca a dimostrarglielo.
Ho sinceramente avuto paura di perderlo, di perdere quello che è stato e di ritrovarmi un padre diverso, ferito, ammaccato, con danni permanenti.

Ed proprio vero: è quando stai per perdere una cosa che ti accorgi che vale.

Ed io, nella più pessimistica delle convinzioni, ho creduto di pentirmi amaramente del tempo perso, delle parole non dette, dei gesti non ricambiati e della gratitudine mancata.

...

Fortunatamente babbo sta bene, ha fatto radiografie in tutto il corpo ed una tac alla testa. Tutte con esito negativo riguardo a rotture o danni.

Un ennesimo evento spiacevole che sta aiutando però ad aprire maggiormente gli occhi, ad osservare bene quello che ho attorno, soppesando di più le persone e lasciando da parte le enormi superficialità che mi divorano costantemente.

Sono arrabbiata e stanca, ma ho anche la forza per reagire, per riuscire a perdonarmi, ad accettare i miei errori e i miei difetti.
Se accettarsi significa vivere meglio, in armonia e apprezzare gli altri allora devo provarci. 
Almeno per i miei genitori.

Non posso morire senza ringraziarli, non posso continuare con le mie ossessioni mentre loro invecchiano ed ogni giorno che passa si allontanano da me.
Devo tentare, ancora una volta, di imboccare quella via luminosa di fronte a me, lasciare andare quello che ho fatto e ripartire.













sabato 7 novembre 2015

Sento tutto e non mi sento.

Novembre.


...
un nuovo mese mentre sta per concludersi un anno, uno di quelli indimenticabili, per tutto il male sopportato e per quel poco di bene vissuto.

Novembre mi ha sempre lasciata perplessa a dir la verità. E' sempre stato un mese subdolo, uno di quelli che non è nè carne nè pesce, dove è autunno inoltrato ma non è ancora inverno, dove c'è il sole che splende ma le foglie sono quasi tutte cadute, dove piove forte ed improvvisamente e i campi sono fradici ma non c'è ancora quel clima così gelido.  E dove sta per finire l'anno ma non è ancora tempo per festeggiare.

...Quello che c'è intorno a me...

Lo ritengo il mese dei resoconti annuali,  in cui apro gli occhi impaurita: sono gia' passati ben 304 giorni da quando ho stappato quella bottiglia di spumante brindando e inviando auguri a tutti. 

Ne sono trascorse assai di ore.
Brutte, belle, vuote, piene, rumorose, silenziose, tragiche, gioiose, fredde, calde, angoscianti, serene.

Cammino per l'ennesima volta tra i miei adorati campi, fra l'erba ingiallita e quella che spunta rigogliosa per effetto delle precedenti piogge. 
Le foglie secche sotto ai miei piedi gracchiano, stridono come se fossero lamenti di persone, richieste di aiuto, urla di disperazione. 
Il sole tiepido mi illumina i capelli e il viso bianco, affossato, testimone delle battaglie che ho combattuto e delle lacrime versate.
Un uccellino si ferma su un ramo di un albero poco più avanti a me, forse alla ricerca di qualcosa da mangiare, forse per riprendere fiato dal suo volo o forse in attesa degli amici. 
Sembra guardarmi senza paura... ma poi scappa velocemente non appena mi avvicino.

Sono di nuovo sola in mare di fiori, alberi, arbusti... sopra un cielo limpido e azzurro, tanto profondo e inarrivabile.

Ed io continuo a camminare, sotto e dentro questa immensità, silenziosamente, godendomi il venticello fresco, gli odori attorno e ogni colore. 
Voglio stare qui per sempre, voglio starmene in silenzio e saper ascoltare tutto, voglio la pace che solo così riesco ad ottenere.

...


Queste parole le avevo scritte qualche giorno fa, seduta su una panchina durante la pausa pranzo, a seguito di un'intensa passeggiata tra le strade deserte e sterrate nei campi di una piccola cittadina, mentre mangiavo un'insalata gia' pronta del supermercato.

In queste due settimane ho cambiato la mia routine giornaliera ed è scontato dirvi che mi sento strana.
Ho bisogno di adattarmi a certi orari, ad alcuni ritmi, a vivere una vita pressocché normale, ma che non ho vissuto in questi ultimi anni.
Ho bisogno di trovare il bello e la leggerezza della normalità, ancora troppo distante da quello a cui sono abituata... a vedere, sentire, pensare.

Mi sembra tutto esageratamente strano.
Ed io cerco affannosamente di assomigliare agli altri, di adagiarmi alla quotidianità del mondo.
Ma dopo alcuni passi avanti rientrano in me quelle stupide sensazioni, quelle malsane idee e le errate convinzioni.

Mi sento un cane rinchiuso in gabbia, un pesce dolorante che si fa trascinare dalla corrente, un uccellino con le ali ferite da troppo tempo, incapace di volare.

Non riesco a trovare un equilibrio SANO, in ogni cosa.
Tendo ad estraniarmi troppo, a premiarmi troppo poco, ad odiarmi tanto, a divertimi pochissimo, a riempirmi di doveri, a svuotarmi dei piaceri della vita, a correre ansiosamente senza fermarmi mai.

A livello alimentare sono caduta nel caos più totale.
Faccio una normale colazione la mattina, salto il pranzo e ogni possibile spuntino (al massimo l'insalata della coop, o una mela con un cappuccino) passeggiando ogni giorno in pausa per km... per poi esagerare a cena, tra pane, carni/uova, verdure e dolce (ceno tra 21 e le 22), dopo la palestra, crollando clamorosamente a letto dopo un'ora.

In pratica quasi tutte le mie calorie quotidiane le assumo nel momento in cui non mi servono...
Quanto ne sono consapevole. Eppure dopo tanta consapevolezza non mi smuovo di un millimetro.

Tutto o niente: questo è il mio atteggiamento di fronte al cambiamento.

Il niente per l'aver "solo" lavorato ed inconsapevolmente aver bruciato poche calorie.
Il tutto per essersi allenata ed essersi quindi meritata di mangiare come si deve.
Puntualizzo che in tutto questo casino non ho preso neanche un etto.  Peso un kg in più la mattina per ritornare alla stessa cifra prima di cenare.
Paradossalmente il tutto e il niente creano equilibrio.


Con le colleghe parlo abbastanza tranquillamente, sono tutte persone giovanili (nonostante le età differenti), abbiamo anche cenato assieme una sera. Abbiamo riso e scherzato, affrontando tematiche culturali estremamente "terra, terra" come si dice dalle mie parti, insomma... una classica leggerezza che non mi appartiene, ma che ogni tanto fa bene.
Eppure non credo siano persone di cui potersi fidare. Troppi sorrisetti falsi e chiacchere di troppo mi tengono distante e protettiva verso la mia vita.
Una di loro, durante la cena (nonostante mi fossi presa un bel dolce al cioccolato) ha detto che "sono secca come un'anoressica". 

Se da una parte tale frase mi ha freddato, dall'altra quello che ne è un uscito è uno sciocco e lieve sorriso, quasi come una negazione del mio passato (e aihmè del mio presente), conferma della superficialità moderna e dell'ignoranza altrui.
Perchè per la società odierna (tanto evoluta tecnologicamente ma retrocessa nel cervello) magrezza sta sempre a significare anoressia, quanto invece potrebbe voler dire tante altre cose:
Allenamenti mirati in palestra (come ho iniziato a fare io con il personal trainer per mettere su massa muscolare!), atleti di ogni tipo, malattie di altro genere e gravità, semplice costituzione.

Confesso che mi sarebbe piaciuto risponderle con fierezza: "Ma io sono anoressica... sai? E se adesso ti sembro tanto magra, pensa che poco più di un anno fa pesavo ben 11 kg in meno!"

Tuttavia è meglio tacere e non abbassarsi alla ignoranza generale, onde evitare che la nostra mente possa essere contaminata da emerite cazzate come questa.
Mi sento tanto più intelligente, è vero.
Mi sento più intelligente di molti altri, malgrado le mie giornate a patire la fame, a contare le calorie, a guardarsi allo specchio, a piangere per quel kg in più o a camminare furiosamente per bruciare energie.

Un ennesimo paradosso.

L'ambiente lavorativo è pieno di fogli ovunque, l'ufficio straborda di fascioli, archivi ed inserti, anche sotto alle scrivanie. Il clima che ne traspare è di forte insoddisfazione e di troppo ritardo.
Il "capo" è un uomo sulla quarantina, ottimo professionalmente, ha tanti clienti ed è associato ad un altro studio di una città vicina, con cui lavoriamo assieme mediante il server aziendale. Ma umanamente vale meno di zero.
Ed è probabilmente ciò la causa di molte dimissioni o licenziamenti. Proprio venerdì scorso ha licenziato una signora ed è adesso il carico di lavoro è aumentato per le altre.
Non mi ha nemmeno chiesto le prime impressioni, si degna a malapena di salutarmi o di dirmi l'elenco di chiamate da fare per lui, o viceversa, quali passargli e quali no.
Ma vabbè.
In sei mesi qualcosa imparerò... poi vedrò il da' farsi e lui deciderà se rispedirmi a casa oppure no.
Do' tempo al tempo.

In palestra mi diverto... sto' conoscendo gente, parlo tra una serie e l'altra di esercizi... è un luogo in cui mi sento accettata, in cui posso dare sfogo alla mia rabbia, alle preoccupazioni, cercando di migliorare la visione di me stessa, delle mie capacità e del mio corpo.
L'altro ieri un tipo assai carino si è avvicinato ed ha cominciato a chiacchierare. Sarò banale ma non credevo che uno "così" potesse rivolgere la parola a me, che mi sento tanto sfigata.
Mi ha fatto piacere ... forse, proprio male male non sono messa.

...A casa il clima è quello che è, ci vivo talmente poco che sento meno i problemi, devo ammetterlo.
Ma ci sono comunque.
Mamma ha la preoccupazione e la stanchezza stampate in faccia ed io mi sento inutile.
Aspetta ogni sera in cui mi alleno che ritorni per cenare assieme, nonostante l'ora tarda.
Mi vuole bene e io ne voglio tanto a lei.
Babbo cucina i piatti che piacciono a me ed ogni sera fa trovare tante verdure, sempre in modo diverso.

Sono banalità... ma in queste banalità ci vedo tanto Amore.
Vorrei solo trovare il coraggio per ringraziarli.


Un saluto a tutti,
Scusate se commento sempre in ritardo sui vostri blog!

Ilaria.