"...So let mercy come
And wash away
What I’ve done
I'll face myself
To cross out what I’ve become
Erase myself
And let go of what I’ve done
For what I’ve done
I start again
And whatever pain may come
Today this ends
I’m forgiving what I’ve done..."
Le frasi che ho scritto provengono dalla canzone "What I've done" dei Linkin Park.
Una melodia abbastanza aggressiva che ha sempre rappresentato al meglio i miei momenti di forte insoddisfazione, di collera ma anche di forza di reazione.
Sono arrabbiata dentro... di quella rabbia profonda, lacerante, istintiva.
Essa mi pervade in tutto il corpo, da capo a piedi.
Avrei bisogno di urlare, di correre forte, di tirare pugni ad un sacco da boxe, che non ho.
Sono arrabbiata della mia sottospecie di vita, quella che io stessa mi sono abilmente creata piano piano.
Odio quello che sono diventata, perchè non avrei mai pensato di ritrovarmi in tali condizioni e mai lo avrei voluto.
Sono delusa di tutta l'apatia che ho addosso, della tristezza che mi logora, della collera che prende il sopravvento e mi mangia piano piano.
Sono stanca di tutte le paure, delle insicurezze, delle camminate veloci tra le vie della città per sentirmi più leggera.
Sono stanca di avere una malattia, di ripetermelo ogni giorno, di aver bisogno di aiuto, di dover passare il venerdì sera in fila dal dottore per farmi le analisi, di ritornare in ospedale, di ingrassare senza motivo, di mangiare troppo o troppo poco, di guardarmi allo specchio e avere gli occhi lucidi, le mani tremolanti per l'enorme vuoto che vedo riflesso.
E vi dirò di più, sarà paradossale vi avverto, ma quello che vedo è un VUOTO PESANTE.
Ed io sono un vuoto, estremamente pesante.
Ogni settimana succede sempre qualcosa di nuovo, e per il 90% si tratta di cose negative.
Ed io tutte queste negatività non le affronto, le ingoio senza digerirle mai.
In sostanza sono un vaso pieno che ogni tanto trabocca.
Ho sempre fatto così: prendo dolore e lo covo con la speranza che sparisca, acquisto paure pregando che scivolino via trasformandosi in coraggio, nascondo rabbia e nervoso sperando che non ritornino più...
Accumulo e poi sfocio come un fiume in piena.
Sbaglio.
...
Al lavoro non va poi così male, faccio ciò che mi viene chiesto,con qualche errore contabile o scavolando i nomi dei clienti che chiamano o arrivano in studio.
Ma tutto sommato procedo in avanti.
La pecca è sempre la pausa troppo lunga che non posso diminuire, dove i pensieri, la solitudine e la frenesia mi stringono verso sè... cammino, come se camminare senza una vera direzione potesse farmi sfuggire da me stessa.
La mia salute è nuovamente in bilico, in modo diverso, ma gli esami del sangue che ho fatto ultimamente non sono ottimi.
Li ho fatti perchè erano mesi che rimandavo, e sopratutto perchè la scorsa settimana mi erano comparsi 5 o 6 lividi sulle cosce (oggi assai diminuiti), indolori, senza alcun precedente trauma.
Ho il ferro bassissimo, così come le piastrine e i globuli bianchi, ai limite dei parametri normali. A questi si aggiungono valori legati alla coagulazione del sangue troppo alti.
Settimana prossima andrò dal medico di condotta per sentire le sue impressioni, ma credo che comincerò di nuovo con visite e/o medicine. Mi mancavano.
In settimana è morta (respirava male e il veterinario ha deciso giustamente, dopo giorni di agonia, di sopprimerla con la puntura) la cagnolina di 16 anni di un vecchio amico di mio nonno, a cui prestavo attenzioni, portandola sempre fuori una ventina di minuti al giorno, le davo da mangiare e la coccolavo un po'. In pratica facevo la "dog sitter", come si suol chiamare oggi.
L'ho salutata con un "ti voglio bene" sussurato all'orecchio e le lacrime in viso.
E' un ennesima mancanza che non meritavo, un ennesimo vuoto dentro che sapevo sarebbe dovuto accadere prima o poi, ma adesso non era proprio il momento.
Ieri mio padre è caduto da una scala di legno, si è spezzata in due a tre metri di altezza mentre raccoglieva dei frutti da un albero.
Ho passato pomeriggio e tarda sera al pronto soccorso con l'ansia alle stelle e la paura.
Nell'attesa in solitudine (mia mamma era ad assistere i miei nonni perchè la badante aveva giornata di riposo) ho provato tanta vergogna per me stessa, ho pensato a tutti quei momenti sprecati, alle urla, alle brutte parole che io e lui ci siamo rivolti in questi anni, ai kg che lui ha perso e al suo viso affossato per la tristezza che gli ho provocato.
Ho pensato ai bei gesti di affetto che lui mi faceva (e mi fa) senza che io ne dessi davvero importanza, ho riflettuto sul suo strano modo di mostrarmi amore e di quanto io, spesso, non riesca a dimostrarglielo.
Ho sinceramente avuto paura di perderlo, di perdere quello che è stato e di ritrovarmi un padre diverso, ferito, ammaccato, con danni permanenti.
Ed proprio vero: è quando stai per perdere una cosa che ti accorgi che vale.
Ed io, nella più pessimistica delle convinzioni, ho creduto di pentirmi amaramente del tempo perso, delle parole non dette, dei gesti non ricambiati e della gratitudine mancata.
...
Fortunatamente babbo sta bene, ha fatto radiografie in tutto il corpo ed una tac alla testa. Tutte con esito negativo riguardo a rotture o danni.
Un ennesimo evento spiacevole che sta aiutando però ad aprire maggiormente gli occhi, ad osservare bene quello che ho attorno, soppesando di più le persone e lasciando da parte le enormi superficialità che mi divorano costantemente.
Sono arrabbiata e stanca, ma ho anche la forza per reagire, per riuscire a perdonarmi, ad accettare i miei errori e i miei difetti.
Se accettarsi significa vivere meglio, in armonia e apprezzare gli altri allora devo provarci.
Almeno per i miei genitori.
Non posso morire senza ringraziarli, non posso continuare con le mie ossessioni mentre loro invecchiano ed ogni giorno che passa si allontanano da me.
Devo tentare, ancora una volta, di imboccare quella via luminosa di fronte a me, lasciare andare quello che ho fatto e ripartire.
Essa mi pervade in tutto il corpo, da capo a piedi.
Avrei bisogno di urlare, di correre forte, di tirare pugni ad un sacco da boxe, che non ho.
Sono arrabbiata della mia sottospecie di vita, quella che io stessa mi sono abilmente creata piano piano.
Odio quello che sono diventata, perchè non avrei mai pensato di ritrovarmi in tali condizioni e mai lo avrei voluto.
Sono delusa di tutta l'apatia che ho addosso, della tristezza che mi logora, della collera che prende il sopravvento e mi mangia piano piano.
Sono stanca di tutte le paure, delle insicurezze, delle camminate veloci tra le vie della città per sentirmi più leggera.
Sono stanca di avere una malattia, di ripetermelo ogni giorno, di aver bisogno di aiuto, di dover passare il venerdì sera in fila dal dottore per farmi le analisi, di ritornare in ospedale, di ingrassare senza motivo, di mangiare troppo o troppo poco, di guardarmi allo specchio e avere gli occhi lucidi, le mani tremolanti per l'enorme vuoto che vedo riflesso.
E vi dirò di più, sarà paradossale vi avverto, ma quello che vedo è un VUOTO PESANTE.
Ed io sono un vuoto, estremamente pesante.
La pesantezza della mia vita e di come io affronti ogni ostacolo dinanzi a me.
Il vuoto delle cose belle, un cuore che non sa' più cosa significhi amare.
Ed io tutte queste negatività non le affronto, le ingoio senza digerirle mai.
In sostanza sono un vaso pieno che ogni tanto trabocca.
Ho sempre fatto così: prendo dolore e lo covo con la speranza che sparisca, acquisto paure pregando che scivolino via trasformandosi in coraggio, nascondo rabbia e nervoso sperando che non ritornino più...
Accumulo e poi sfocio come un fiume in piena.
Sbaglio.
...
Al lavoro non va poi così male, faccio ciò che mi viene chiesto,con qualche errore contabile o scavolando i nomi dei clienti che chiamano o arrivano in studio.
Ma tutto sommato procedo in avanti.
La pecca è sempre la pausa troppo lunga che non posso diminuire, dove i pensieri, la solitudine e la frenesia mi stringono verso sè... cammino, come se camminare senza una vera direzione potesse farmi sfuggire da me stessa.
La mia salute è nuovamente in bilico, in modo diverso, ma gli esami del sangue che ho fatto ultimamente non sono ottimi.
Li ho fatti perchè erano mesi che rimandavo, e sopratutto perchè la scorsa settimana mi erano comparsi 5 o 6 lividi sulle cosce (oggi assai diminuiti), indolori, senza alcun precedente trauma.
Ho il ferro bassissimo, così come le piastrine e i globuli bianchi, ai limite dei parametri normali. A questi si aggiungono valori legati alla coagulazione del sangue troppo alti.
Settimana prossima andrò dal medico di condotta per sentire le sue impressioni, ma credo che comincerò di nuovo con visite e/o medicine. Mi mancavano.
In settimana è morta (respirava male e il veterinario ha deciso giustamente, dopo giorni di agonia, di sopprimerla con la puntura) la cagnolina di 16 anni di un vecchio amico di mio nonno, a cui prestavo attenzioni, portandola sempre fuori una ventina di minuti al giorno, le davo da mangiare e la coccolavo un po'. In pratica facevo la "dog sitter", come si suol chiamare oggi.
L'ho salutata con un "ti voglio bene" sussurato all'orecchio e le lacrime in viso.
E' un ennesima mancanza che non meritavo, un ennesimo vuoto dentro che sapevo sarebbe dovuto accadere prima o poi, ma adesso non era proprio il momento.
Ieri mio padre è caduto da una scala di legno, si è spezzata in due a tre metri di altezza mentre raccoglieva dei frutti da un albero.
Ho passato pomeriggio e tarda sera al pronto soccorso con l'ansia alle stelle e la paura.
Nell'attesa in solitudine (mia mamma era ad assistere i miei nonni perchè la badante aveva giornata di riposo) ho provato tanta vergogna per me stessa, ho pensato a tutti quei momenti sprecati, alle urla, alle brutte parole che io e lui ci siamo rivolti in questi anni, ai kg che lui ha perso e al suo viso affossato per la tristezza che gli ho provocato.
Ho pensato ai bei gesti di affetto che lui mi faceva (e mi fa) senza che io ne dessi davvero importanza, ho riflettuto sul suo strano modo di mostrarmi amore e di quanto io, spesso, non riesca a dimostrarglielo.
Ho sinceramente avuto paura di perderlo, di perdere quello che è stato e di ritrovarmi un padre diverso, ferito, ammaccato, con danni permanenti.
Ed proprio vero: è quando stai per perdere una cosa che ti accorgi che vale.
Ed io, nella più pessimistica delle convinzioni, ho creduto di pentirmi amaramente del tempo perso, delle parole non dette, dei gesti non ricambiati e della gratitudine mancata.
...
Fortunatamente babbo sta bene, ha fatto radiografie in tutto il corpo ed una tac alla testa. Tutte con esito negativo riguardo a rotture o danni.
Un ennesimo evento spiacevole che sta aiutando però ad aprire maggiormente gli occhi, ad osservare bene quello che ho attorno, soppesando di più le persone e lasciando da parte le enormi superficialità che mi divorano costantemente.
Sono arrabbiata e stanca, ma ho anche la forza per reagire, per riuscire a perdonarmi, ad accettare i miei errori e i miei difetti.
Se accettarsi significa vivere meglio, in armonia e apprezzare gli altri allora devo provarci.
Almeno per i miei genitori.
Non posso morire senza ringraziarli, non posso continuare con le mie ossessioni mentre loro invecchiano ed ogni giorno che passa si allontanano da me.
Devo tentare, ancora una volta, di imboccare quella via luminosa di fronte a me, lasciare andare quello che ho fatto e ripartire.