La connessione Internet ha smesso di
funzionare, ancora una volta.
Devo rassegnarmi all'idea di guardare
la mail e mettermi a scrivere.
Avrei voluto aggiornarvi da un po', ma
i pensieri erano (sono) molto confusi.
Sono giorni in cui mi capita di aver
voglia di dire mille cose, di urlare tutto e poi... rimango in
silenzio, quel silenzio misterioso, riflessivo, un po' falso, triste.
Se vi dovessi rispondere sinceramente
alla classica domanda: “Come stai?” vi giuro che andrei nel
pallone completo.
Troppo complicato spiegarlo, troppe
sensazioni discordanti, troppo caos.
Mi sento un'anima in pena.
Una di quelle che viaggiano senza
soste, senza una meta.
E vi prego, non ditemi che presto
troverò la strada.
Non ci sono strade che mi diano
realmente conforto.
Non c'è via che mi appaghi e mi
soddisfi.
...Sento le decine di mancanze che mi
scivolano addosso, senza mai riuscire ad acchiapparne una.
Sento la paura di ingrassare, di non
controllare più la fame, di ricadere nella merda di una volta.
Sento gli uccellini cantare beati fra
gli alberi attorno a casa mia e per un attimo faccio penetrare quel
lieve e dolce suono in quest'anima troppo cruda e sola.
(il "paradiso" vicino casa mia, foto fatta da me)
Sento il fruscio del venticello fresco d'estate nel mezzo a quello che io chiamo "Paradiso", quel momento di pienezza, di meravigliosa estraniazione dall'inferno giornaliero. Un brivido di serenità, l'unico.
Sento il silenzio delle mura di casa
mentre tutti sono via, a lavoro, al mare, a fare la spesa,
quell'assenza di rumore così angosciante... quasi tragica. Sembra la
morte.
Sento lo stomaco bruciare dopo aver
mangiato quello che ingurgitano i comuni mortali e odio me stessa per
non averlo lasciato vuoto.
Sento le gocce di sudore su questo
(odioso) corpo mentre sono in palestra a fare gli esercizi, quel
caldo allucinante ancora un po' strano rispetto al freddo, alle mani
ghiacciate di una volta. Un po' mi mancano. E' paradossale.
Sento la fatica dopo una giornata senza
freni, fatta di attività fisica, di faccende e di lavoro. Ma non
sento la soddisfazione per ciò che ho fatto.
Sento il lontano rumore delle onde del
mare, di quei pochi giorni in cui ci sono andata.. Il sole che mi
illuminava, un attimo di spensieratezza, di luce.
Sento le risate, i discorsi futili
delle persone attorno a me... i clienti, i colleghi, gli istruttori e
provo un senso di disgusto misto ad invidia. Vorrei saperlo fare
anche io, vorrei farlo davvero, senza una maschera addosso.
Sento i miei genitori che parlano di
notte, sono preoccupati per me, per la mia solitudine, la mia
stanchezza, la mia scontentezza... Vorrei abbracciarli. Dire loro che
non hanno colpe, che la sofferenza che provo non so' neanch'io da
dove proviene.
Sento mia mamma vicina come non mai, di
quella vicinanza affettuosa, rincuorante. Una mamma che cerca di
nuovo di essere tale e che, allo stesso tempo, prova a sostituirsi
alla figure mancanti: diventa un po' un'amica, una consigliera, una
nonna, una sorella. E io dovrei ringraziarla donandole un sorriso,
uno sprazzo di felicità in tutto questo schifo. Dovrei mentirle e
dirle che sto' bene, dirle che ho risolto quasi tutto, che mi vedo
magra e bella, sicura, soddisfatta. Perchè se lo meriterebbe. Si
meriterebbe di essere un po' serena, di sentirsi una brava madre.
E invece le urlo, le confesso lo schifo
che provo mentre mi guardo allo specchio, la tristezza di starmene
sempre sola, i mancati inviti altrui, il lavoro frenetico e troppo
pesante per la mia situazione.
Sento mio padre stanco, con il dolore
alla gamba che non passa, i suoi lamenti e i suoi silenzi, ai suoi
mentali allontanamenti quotidiani dal (brutto) mondo che lo circonda.
Dovrei abbracciarlo, dovrei ringraziarlo per ciò che mi ha comprato.
Le infradito nuove, il braccialetto, i
biscotti ed il formaggio che mi piacciono.
Ma niente, tiro su la testa - come per
guardare Dio - in preda al panico di fronte a quel cibo che mangerò,
credendo per un attimo che stia cercando di farmi ingrassare come un
tacchino, settimane prima del ringraziamento.
Non c'è un “grazie babbo”, ma un
viso incattivito, un ghigno improvviso e illogico.
Un attimo di odio per passare poi, nel
giro di 5 dannati minuti, al pentimento, ai sensi di colpa che
lacerano tutto, stomaco, cervello, cuore.
Sento le lacrime improvvise che mi
rigano il volto, il broncio sul viso e intanto il vuoto torna sempre
più prepotentemente, forte e furioso come un uragano fino a
disperdersi nuovamente nell'aria...
Un saluto a tutti!!!
Ilaria